Una persona entra in un negozio di articoli sportivi; non chiede aiuto, si dirige verso una specifica area del punto vendita, osserva una serie di oggetti, si concentra sui dettagli e sembra analizzarli con cura; ad un certo punto chiede all’addetto se può prenderli in mano per poterne giudicare meglio le caratteristiche e chiede conferma del prezzo indicato sul cartellino, quindi ringrazia ed esce; mentre lo fa prende in mano lo smartphone tracciando segni incomprensibili sul piccolo schermo. Cosa sta facendo? Probabilmente sta cercando lo stesso tipo di prodotto appena preso in esame, dà un’occhiata alle migliori offerte online e procede all’acquisto; considerate le spese di spedizione, calcola di aver risparmiato non poco rispetto al negozio che ha appena visitato.
Indubbiamente, la tecnologia ha profondamente modificato le modalità di acquisto del consumatore medio: se un tempo la pubblicità sui canali tradizionali precedeva la visita al punto vendita condizionando, o almeno orientandone, le scelte, oggi Internet ha dato a chi compra la possibilità di andare ben oltre: dalle ricerche ed approfondimenti alla lettura di recensioni, commenti e critiche, dalla comparazione dei prezzi all’acquisto direttamente online.
Ma c’è di più: il punto vendita è considerato alla stregua di uno showroom, ovvero di una pura esposizione della merce che, successivamente, viene acquistata online.
Showrooming: l’impatto sul retail
Iniziamo prendendo in esame alcuni dati: secondo Audiweb, in Italia, il 92,5% degli utenti connessi utilizza la rete per effettuare ricerche, dedicando a questa attività quasi due ore al mese; sempre la stessa fonte dichiara che, per compiere tali ricerche, ben oltre la metà (52,2%) si connette da un dispositivo mobile (smartphone o tablet).
Stando ai dati del Google Shopper Marketing Council, il 79% di chi possiede uno smartphone lo utilizza per comprare online, aggiungendo che questo strumento viene impiegato nel 90% dei casi anche per effettuare ricerche propedeutiche all’acquisto; in particolare per trovare dove si trovano i punti vendita e controllare sia la disponibilità degli articoli cercati che gli orari di apertura, confrontare i prezzi e verificare se esistono speciali promozioni, leggere recensioni e reperire maggiori informazioni.
Inoltre, sempre secondo il Google Shopper Marketing Council, l’84% degli utenti utilizza il proprio smartphone quando si trova all’interno di un punto vendita, in particolare se acquista prodotti elettronici di consumo. La buona notizia è che i consumatori connessi, mediamente, comprano più di quelli tradizionali.
Sì, ma come fare in modo che i negozi continuino a fare affari senza diventare solo esposizioni di prodotti per la curiosità degli online shopper?
Un’analisi ragionata dei fenomeni che stanno dietro lo Showrooming
Il termine “Momento della Verità” è stato coniato dal CEO di Procter & Gamble: A.G. Lafley. Egli scrisse: in questo paradigma, il marketing si focalizza sul come rendere facile da trovare il prodotto nel negozio e sul fatto che tale prodotto soddisfi le aspettative del cliente. Il processo d’acquisto tradizionale si svolge nel modo seguente:
- Stimolo (pubblicità sui media tradizionali)
- Primo Momento della Verità (presso il punto vendita, parlando con un addetto)
- Secondo Momento della Verità (utilizzo del prodotto)
Questo concetto non è più applicabile ai moderni processi di acquisto; oggi, tra lo stimolo che spinge ad acquistare ed il Primo Momento della Verità, emerge una nuova fase: quella della ricerca. In modo analogo, i potenziali clienti non si precipitano presso il punto vendita nel momento in cui vengono a conoscenza di un dato prodotto: prima vogliono conoscere le opinioni di altri consumatori e, grazie ad Internet, questa fase richiede solo pochi click. Ecco perché Jim Lecinski di Google, per descrivere questo fenomeno, pubblicò nel 2011 un ebook dal titolo: “Conquistare il Momento Zero della Verità” .
La teoria del Momento Zero della Verità modifica lo schema di Lafley aggiungendo una nuova fase tra stimolo e Primo Momento della Verità: si tratta della ricerca online.
Dunque, la facilità di accesso al web attraverso molti tipi diversi di dispositivi, ha modificato il modo in cui effettuiamo i nostri acquisti: dato che abbiamo molti più prodotti e servizi tra i quali scegliere, preferiamo iniziare raccogliendo informazioni e documentandoci in modo autonomo, senza bisogno di un addetto alla vendita.
Alla luce della teoria di Lecinski, il moderno processo di acquisto risulta perciò essere:
- Non lineare – In tal modo dovremmo rappresentarlo come un albero ramificato, non come un imbuto: il cliente non effettua un percorso rettilineo ma utilizza differenti canali, risorse e dispositivi per arrivare ad identificare l’azienda fornitrice e prendere una decisione
- In tempo reale – I clienti desiderano ottenere riscontri immediati: fanno ricerche sul prodotto desiderato e pretendono subito delle risposte; se non le trovano lasciano perdere e passano ad altro
- Dinamico – Le esigenze dei clienti cambiano in fretta: ricevendo tanti stimoli ed avendo a disposizione tante opportunità, i loro bisogni si trasformano facilmente; se trovano qualcosa che li attrae maggiormente, modificano le loro intenzioni iniziali
- Mobile – La crescita dell’m-Commerce non è dovuta solo all’ottimizzazione dell’esperienza d’acquisto per gli utenti mobili, ma anche al fatto che l’idea stessa di effettuare acquisti è cambiata. Oggi vendere significa basarsi molto di più sul contesto e su una situazione particolare, tenendo presente che nella fase di ricerca vengono messi in gioco molti canali
- Spontaneo – I consumatori che fanno acquisti mediante dispositivi mobili spesso agiscono d’impulso: si informano, decidono cosa gli piace e desiderano averlo immediatamente
- Visivo – I potenziali clienti desiderano avere più informazioni, ma chiedono che siano più semplici da assimilare; per questo occorre rivedere le tecniche di comunicazione ed introdurre presentazioni, infografiche e audiovisivi per rendere i contenuti più facilmente consumabili
- Basato sulla reciprocità – Il processo d’acquisto è un dialogo, non un monologo: occorre ascoltare e reagire di conseguenza, non focalizzarsi solo su quello che si ha da dire
La conclusione? Per, continuare a vendere nel mondo offline, occorre preparare le cose: fare in modo che le informazioni a disposizione del cliente lo spingano verso il negozio e lo inducano ad una decisione d’acquisto, offrendogli una serie di stimoli provenienti sia dalla realtà che dal mondo online al quale è più o meno costantemente connesso.
I problemi che lo Showrooming comporta per il retail
E’ evidente che in un’epoca come quella odierna, caratterizzata dalla globalizzazione e da mercati sempre più dinamici, i punti vendita si trovano ad affrontare sfide inedite; come è già avvenuto molte volte in passato, il cambiamento scompiglia le carte, mette in discussione i vecchi paradigmi e ne crea di nuovi, definendo scenari altamente competitivi in cui chi saprà adattarsi meglio riuscirà a sopravvivere e crescere, mentre chi non lo fa rischia il collasso.
Esistono ulteriori considerazioni interessanti:
- la prima è che nessuna categoria di operatori del retail è particolarmente al sicuro
- la seconda è che le stesse aziende – al di là dei punti vendita – devono affrontare il gap tra online ed offline in termini non solo di comunicazione di marketing ma anche di processi.
Spieghiamoci meglio.
Il problema principale è che, se una persona entra in negozio e poi compra online, il punto vendita non fa affari e rischia di chiudere. Indubbiamente esistono ancora settori di nicchia (artigianato, antiquariato, oggetti d’arte, beni preziosi e di lusso, o generi che si rivolgono ad un pubblico speciale); tuttavia è sempre più ampia la gamma di prodotti che oggi si possono acquistare online: dagli alimentari al vestiario, dai giocattoli ai mobili – senza contare che anche beni più costosi, come le auto e gli appartamenti, spesso vengono comprati proprio iniziando da una ricerca online.
Il secondo problema, che in realtà è parecchio connesso al primo, è che le aziende faticano a sincronizzare i diversi canali di vendita; in particolare quelli online sono altamente automatizzati e consentono di ricavare grandi quantità di informazioni sui clienti allo scopo di profilarli ed offrire loro offerte interessanti e personalizzate. La modalità web (e-Commerce) è strettamente collegata al marketing ed è in grado di offrire alle aziende un quadro complessivo delle vendite sempre aggiornato in tempo reale, oltre a numerosi indicatori utili ad orientare le scelte strategiche in modo puntuale e preciso.
Ben diverso è ciò che accadeva (e ancora accade) nel mondo reale, dove i processi di vendita sono gestiti soprattutto per quanto riguarda gli aspetti normativi e fiscali, mentre è molto più complesso raccogliere dal contesto offline informazioni utili per scoprire tendenze e fidelizzare i clienti – non che questo sia impossibile ma, se ci pensiamo, si tratta di attività unicamente affidate all’intuito ed alla capacità personale dei venditori.
Come abbiamo già avuto modo di notare, tutto questo non basta più: occorre che il mondo online entri nel negozio non solo per aiutare a vendere (comprando magari sul sito web della catena a cui il negozio appartiene) ma anche per ridurre il grosso divario informativo oggi esistente – anche dal punto di vista dell’azienda.
Chi entra in un punto vendita deve ricevere stimoli e informazioni, mentre il suo comportamento deve essere tracciabile. Lo scopo? Quello di offrire un’esperienza più coinvolgente da un lato e dall’altro quello di saperne di più sui clienti per poter creare un rapporto che li spinga a comprare ancora – ponendo un freno al fenomeno dello Showrooming.
Oltre lo Showrooming: possibili rimedi
Come spesso accade, la stessa tecnologia che apre nuove opportunità, cambia radicalmente i contesti e genera inedite problematiche, è anche alla base delle possibili soluzioni. In particolare, se il mondo reale soffre a causa della sua condizione di disconnessione dal web, il rimedio potrebbe essere quello di rafforzare il rapporto che i consumatori hanno con i brand attraverso i canali telematici, sfruttando tutte le vie di accesso che permettano di raggiungere i clienti mentre cercano di soddisfare le loro curiosità e necessità online. Ovviamente, questo tipo di comunicazione deve essere in tempo reale.
Quando si pensa in termini di tempo reale, non ci si limita a ciò che significa semplicemente rispondere in modo rapido alle nuove tendenze: è piuttosto un atteggiamento verso l’audience focalizzato ad offrire istantaneamente agli utenti ciò che desiderano.
Quali funzionalità ci permettono di praticare un tale approccio alla comunicazione?
- Contenuti dinamici sul sito web e sulle app mobili: personalizzare i banner, le raccomandazioni ed i contenuti suggeriti sulla base del comportamento degli utenti. La personalizzazione è imperativa per le app mobili
- Beacon e geolocalizzazione: utilizzare la conoscenza della posizione fisica degli utenti per stabilire quando inviare o meno un messaggio. Ad esempio è utile spedire un SMS o una notifica quando una persona passa davanti ad un punto vendita – il tutto in funzione di ciò che siamo riusciti ad apprendere sulle sue abitudini. I beacon, in particolare, sono dispositivi in grado di raggiungere i dispositivi mobili come smartphone e tablet per fare attività di marketing “di prossimità”
- Push notification: occorre adeguarsi ai comportamenti degli utenti: una visita in negozio, interessi su un prodotto o ricerche effettuate nel sito web; va individuato il momento in cui stanno valutando l’ipotesi di acquistare, situazione in cui hanno bisogno di ulteriori stimoli e motivazioni
Cosa avviene dopo l’acquisto? Inizia la fase in cui il cliente scrive le sue recensioni, condivide le proprie opinioni, esprime giudizi e pubblica immagini o video del prodotto. In altre parole, vengono creati documenti originali legati al brand ed il cerchio si chiude: qualcuno che ha fatto un’esperienza positiva condivide le sue emozioni attraverso espressioni destinate a diventare il Momento Zero della Verità di qualcun altro.
Combattere le Showrooming: cosa significa in pratica
La soluzione non sta solo nel portare online il negozio offline e porre un freno al fenomeno dello Showrooming, ma anche nel puntare sulle peculiarità e sui vantaggi che solo un punto vendita tradizionale è in grado di offrire al pubblico.
Entrare in un negozio è un’esperienza di socialità, permette di vedere e toccare le cose, mette a disposizione dei clienti le conoscenze dei venditori ed offre una serie di garanzie (anche psicologiche) in termini di assistenza post vendita. Inoltre a volte è più comodo (ed economico) che aspettare la consegna a domicilio.
Dunque la cosa migliore è proprio “cavalcare l’onda” di Internet anziché temerla. Il web ci crea problemi? Studiamo cosa può fare il web per noi e mettiamolo al lavoro perché questi problemi li risolva, a cominciare dallo Showrooming. Ecco in proposito alcuni utili consigli:
- Accesso Wi-Fi gratuito: nessuna paura che i clienti vadano in rete e che trovino il nostro punto, magari con un sito mobile o con un’app in grado di offrire informazioni e sconti a chi compra da smartphone, prima che vada a comprare altrove
- Programmi fedeltà per utenti mobili: per chi compra da smartphone, sulla nostra app o sul sito mobile, un programma a punti può essere un ottimo incentivo
- Portare i social media nel negozio: sfruttare i trend online portandoli nel punto vendita; è un ottimo modo per catturare l’attenzione degli appassionati della rete e degli utenti più avvezzi ad acquistare online
- Ordina in rete, ritira in negozio: un’opportunità che già offrono in molti, anche in Italia e che intercetta la compulsività degli acquirenti a fronte di un prezzo conveniente
- Servizio Clienti: è la chiave di tutto, la sola vera leva che un negozio può opporre allo Showrooming se sfruttata nel modo giusto. Occorre formare meglio il personale e metterlo in grado di fare davvero la differenza: il mix tra nuove opportunità e vecchi capisaldi è il segreto del successo
Possibili risposte tecnologiche
Abbiamo visto che bisogna non solo portare online il negozio tradizionale, ma anche collegarlo in modo efficiente con il sistema di offerta (ovvero con l’azienda che utilizza il punto vendita per essere presente sul mercato).
A questo proposito, imprese specializzate come Datalab, utilizzano SAP Business One ed il suo modulo Customer Check Out per offrire alle reti di vendita uno strumento integrato adatto a colmare il gap tra online ed offline.
In particolare, la soluzione proposta, in grado di lavorare anche senza il collegamento con l’applicativo principale, offre una serie di analisi relative alle vendite e funzionalità per gestire direttamente fatture e promozioni, oltre ad un controllo in tempo reale dell’andamento del punto vendita.